La corruzione violenta l’urbanistica

La corruzione e la politica, oggi, dolorosamente, sembra siano sinonimi. A Nord come a Sud. Che siano una cosa sola. Che non esista politica, a prescindere dal partito, che sappia distinguersi per onestà e moralità, competenza e tecnica, capacità di rappresentare i sogni e le necessità di un popolo. Da questo paradigma alienante e perverso, Pippo Civati, da tempo, sta cercando di sottrarsi. E con gli amici di Prossima Italia, ormai sparsi su tutto il territorio, sta difendendo l’arte della Politica. Praticandola con valore, sebbene moltissimi ad essa diano un prezzo. Con l’intento di far passare il messaggio che solo chi costruisce una politica orizzontale e paritaria, nella salvaguardia del talento che ciascuno di noi possiede – a prescindere poi da quanto esso venga valorizzato –  può testimoniare di essere “alternativo”, descrivendo, pertanto, un orizzonte diverso sul quale affacciarsi. Quello della Prossima Italia, appunto. Dove, a cominciare dalle parole, bisogna restituire un senso e una misura alle cose. E dove le cose, dopo le premesse e gli annunci, vengano fatte. Per mantenere le promesse. La parola data a chi dovesse credere in quel progetto. Perchè la credibilità e l’autorevolezza si costruiscono lentamente, giorno per giorno, con metodo e scrupolo. Non ci si può improvvisare. Con questa idea di voler continuare a dare il proprio contributo, di voler trasferire con forza l’approccio per cui prima viene il progetto con obiettivi e metodologie e poi le alleanze, dopo “Qualcosa di nuovo” è stata organizzata, “dedicata” a Formigoni e all’ impressionante sistema di potere finanziario e religioso che lo sostiene, “#liberalasedia“. E si è parlato, appunto, anche di corruzione. Dei suoi effetti patologici non solo sull’economia, ma su tutto il sistema sociale che viene alterato perchè viene geneticamente modificata anche la percezione su quelle che dovrebbero essere le priorità di uno Stato di diritto. Ossia preservare, nel nome dell’etica pubblica e dell’etica della responsabilità, chi è onesto e chi assolve al suo dovere civico e professionale, con onore e disciplina, per dirla con la Costituzione. E alla corruzione, peraltro, era stata dedicata la Giornata di Canossa, a cui ho partecipato anche io. Gli spunti emersi poi sono stati ripresi anche da questo protocollo nazionale, valorizzandoli. Sotto il Pirellone, lo scorso fine settimana, quindi, è stato ripresentato il documento elaborato a Canossa, con il contributo di Rodotà e di tanti altri studiosi ed esperti della materia, nel quale è contenuta anche una ennesima proposta tratta dall’esperienza di Desio.

Con il prefetto di Monza e Brianza abbiamo predisposto un protocollo per creare un albo pubblico intercomunale degli appalti, che copra tutta la provincia. È importante che tutti i comuni riferiscano delle loro attività, appalti, subappalti, per poter individuare quali aziende lavorano su tutto il territorio, con quali amministrazioni.

E sulla stessa lunghezza d’onda, almeno fino a prova contraria, pare siano anche i Ministri Severino ed Ornaghi, i quali ritengono che la nuova legge contro la corruzione debba essere collegata alla nuova legge sull’urbanistica (del 1942 sebbene sia stata ampiamente rivisitata e modificata nel corso dei decenni) vista la pervicace cura che hanno avuto e hanno gli spregiudicati palazzinari ed imprenditori edili a devastare, per mero affarismo, quel bene preziosissimo che è il territorio.

I piani urbanistici, che dovrebbero essere garanzia di una corretta ed equa organizzazione del territorio, nonché ispirati innanzitutto dalle esigenze di fruizione degli spazi pubblici (come i parchi e le piazze serviti da una sistema di mobilità efficiente) da parte dei cittadini, diventano strumenti opachi e continuamente rivisti in peggio (le famigerate varianti) per permettere all’ente di far cassa attraverso i permessi di costruire o, in alcuni casi, per alimentare il malaffare. Una legge nazionale innovativa dovrà finalmente stabilire trasparenza e procedure di controllo dei cittadini sulle decisioni che riguardano il loro territorio, in primo luogo la stesura dei piani urbanistici. Infine, una legge innovativa dovrebbe porre un argine concreto al consumo di suolo, vera piaga del nostro paese. A tutto discapito dell’agricoltura (altra eccellenza nazionale) e della sicurezza dei cittadini, visto che più cemento equivale a più rischi. Le continue frane e alluvioni ce lo dimostrano anno dopo anno. Riqualificare le città, rivitalizzare gli spazi industriali dismessi a beneficio delle collettività, piuttosto che costruire il nuovo: questa dovrebbe essere la linea, che presuppone innanzitutto un cambio di cultura.

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Commenti

  • Gustavo Cecchini  Il 6 aprile 2012 alle 19:56

    Da un link su Consumo di suolo: Gustavo Cecchini In Italia non si è mai risolta la questione della rendita fondiaria edilizia e quindi della questione del ruolo dei piani locali e delle espropriazioni di cui noi tutti paghiamo il costo. Non vi è una legge nazionale di principi, metodi e direttive per la gestione del territorio, le regioni hanno fatto da sè, ma restano nodi irrisolti e non si attiva obbligatoriamente la perequazione fondiaria urbanistica territoriale. La cosiddetta urbanistica concertata ha condotto, assieme alla corruzione politica, ad un asservimento della stessa alla speculazione fondiaria ed edilizia (dalle origini terreno di coltura della malavita organizzata), vedi i casi eclatanti di Roma e Milano. Se aggiungiamo l’abusivismo edilizio come diretta conseguenza, le opere pubbliche inutili, quelle interrotte, le occasioni dei grandi eventi e delle grandi infrastrutture, quasi sempre in variante e senza processi decisionali veramente partecipati, dovremmo allora chiederci qual’è o quale dovrebbe essere il ruolo del piano locale e di quello d’area vasta in forma sussidiaria e dialettica. La cultura del planning, della programmazione-attuazione concertata e condivisa nel serio rapporto pubblico-privato è, soprattutto alle nostre latitudini mediterranee, sostituita con l’approssimazione, gli interessi personali o di casta, la distribuzione pubblica delle opportunità finalizzata al proprio gruppo elettorale e non al bene pubblico e temporalmente alla propria rielezione. Quindi mancano le forme strutturali di autosostenibilità e le forme strategiche di medio e lungo periodo che dovrebbero permettere l’innovazione diffusa, il rigore ed il razionalismo delle scelte, l’equità e le pari opportunità sociali ed economiche. Per finire la Sicilia è l’unica regione che, nonostante la sua storica Autonomia, non ha ancora una legge di gestione del territorio aggiornata. Non esiste un piano territoriale regionale, i Ptc provinciali languono e non interessano nessuno, ma i Piani Regolatori generali comunali suscitano ancora gli interessi residui speculativi sulle aree edificabili e danno vita a contrattazioni e compromessi interminabili anche con il beneplacido di un gruppo elitario di progettisti urbanisti, a volte anche docenti universitari. Nel frattempo il consumo e la frammentazione di suolo della cosiddetta città diffusa si sta mangiando buona parte dei terreni agricoli fertili o con buone potenzialità ed ha aumentato enormemente la diffusione del rischio idrogeologico.
    Per il Centro Direzionale e la seconda circonvallazione su Fondo Luparello a Baida a Palermo: Gustavo Cecchini Occorre che queste notizie arrivino al grande pubblico, i media televisivi e i maggiori giornali, tutti ci dobbiamo rendere conto dei disastri territoriali dovuti al malaffare, alla politica consenziente o collusa e al problema della rendita fondiaria che in Italia non si è mai risolta a vantaggio della collettività ma ha oramai permeato la mentalità di tutti i proprietari di terre fertili per tale speculazione, che poi impatta con l’ambiente naturale ed agricolo, è a carico della finanza pubblica per gli oneri urbanizzativi e di gestione della qualità urbana e trova sempre urbanisti disponibili e ordini professionali sempre più inutili. Dietro alle realizzazioni di strade spesso inutili (anzichè investire sulla mobilità sostenibile utilizzando quelle esistenti e sul recupero delle ferrovie dismesse da RFI) vi è sempre poi l’interesse speculativo anche solo su alcuni nodi che poi come un cancro del territorio si diffonde, moltiplicandone gli impatti sull’ambiente naturalizzato e sull’agricoltura. E dovremmo tutti capire che non sempre è realmente sviluppo economico, perchè in ogni caso è soltanto ciclico e per essere mantenuto dovrà continuamente essere alimentato ed è sempre un processo irreversibile che ridurrà progressivamente le opportunità delle future generazioni. E per finire si rischia sempre di veder comparire dal buio della programmazione pubblica le figure della malavita organizzata. Quando riusciremo a capirlo in tanti forse con la battaglia civile e politica si potrà ottenere lo sviluppo zero per questi interventi pubblici.

    • Giuseppe  Il 6 aprile 2012 alle 20:00

      Ciao

      grazie davvero per questo lunghissimo ma ricchissimo commento cosi carico di riflessioni che condivido e di spunti interessanti.. Bisogna spingere e fare il possibile e l’impossibile affinchè il tema del consumo di suolo sia sempre più presente nell’agenda politica, soprattutto locale, per me. Perché non è solo una questione economica o tecnica, è proprio una questione di civilità.

  • Gustavo Cecchini  Il 10 aprile 2013 alle 16:25

    Sono d’accordo ma occorre fare cultura della pianificazione e gestione del territorio e del buon progetto urbano e architettonico. Ma per far questo dobbiamo costringere la classe politica a fare una seria legge di riforma nazionale che obblighi le regioni e quindi gli Enti Locali a programmare l’uso del suolo mediante i comparti perequativi fondiari e il trasferimento dei diritto quale unico strumento di piano operativo e con tante altre cose che sarebbe lungo descrivere ma che al più presto metterò nel sito asiter.org appena risistemato. Grazie

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