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La loggia Cosentino

In origine fu la P2 di Licio Gelli, quell’associazione di massoni che puntava a destabilizzare lo Stato italiano, ribaltandone l’ordine democratico. Nella famosa lista, composta da 962 affiliati e rinvenuta nel marzo dell’81, oltre a Berlusconi e a Cicchitto, figuravano anche magistrati, forze dell’ordine, banchieri, imprenditori e giornalisti: insomma la classe dirigente di allora che, non totalmente, fu spazzata via con “Mani Pulite” e altre inchieste. Sebbene la Commissione Parlamentare presieduta da Tina Anselmi avesse già descritto benissimo il fenomeno occulto.

Dopo più di 28 anni, a luglio 2010, si viene a sapere di un incontro per lo meno particolare: intorno ad un tavolo, infatti, sono accomodati Denis Verdini, il vero legame con la cricca dei costruttori; Marcello Dell’Utri, indicato come uomo di “Cosa Nostra” e già condannato in appello per concorso esterno in associazione mafiosa; il faccendiere Flavio Carboni, influentissimo per i suoi trascorsi proprio nella P2 e per il suo potere occulto alimentatosi nei sottoboschi del Palazzo; esponenti del “fu” governo berlusconiano e della magistratura; infine due signori campani, poco propensi a finire sui giornali: Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino.

Perchè queste persone, dai profili tanto diversi, si incontravano? Per organizzare una rimpatriata tra mafiosi o massoni? Da quanto si apprese l’obiettivo era quello di proteggere “Cesare” – “l’Imperatore di Arcore” – dai suoi guai giudiziari, nella fattispecie provare a influenzare i giudici della Corte Costituzionale che dovevano pronunciarsi sulla legittimità del Lodo Alfano. Lombardi e Martino, entrambi campani, nonchè amici e sponsor politici di Cosentino, a quell’incontro lo rappresentano totalmente, come se ci fosse proprio lui. Lo scenario, quindi, è di quelli agghiaccianti: “magistrati misti a personaggi che, direttamente o indirettamente, evocano comunque all’osservatore l’ombra, nell’ordine, della Cricca, di Cosa Nostra, della P2 e dei Casalesi”.

Come ha scritto Nando dalla Chiesa, in questo post del suo blog, abbiamo

“di qua gli ambienti più contigui alla sfera illegale del Paese. Di là una pletora di magistrati distaccati ai ministeri, consiglieri di Stato, magistrati Tar, che amministrano i poteri di governo assai più dei sottosegretari e di quasi tutti i ministri, unica eccezione quelli che possono incidere sulle loro carriere. Questi due mondi si incrociano di frequente, non tutti con tutti, si capisce”.

Ed essendo, oggi, questo “potere sempre meno occulto”  – basato sulla disponibilità a farsi ricattare e corrompere dei colletti bianchi da parte delle “multinazionali del malaffare” – più forte del potere dello Stato, ecco che il referente Cosentino, pure per i segreti che potrebbe detenere, è stato salvato dal carcere.

Ma in galera, probabilmente, è finita la dignità della politica e della classe dirigente di questo Paese che per l’ennesima volta ha mostrato tutta la sua incapacità e la sua immoralità.

Una giornata da dimenticare

La giornata che ci siamo da pochissimo lasciati alle spalle, quella di giovedi 12 gennaio 2o12, sarà probabilmente ricordata a lungo dai cittadini che si interessano di politica.

Perchè oggi sono arrivati due responsi, su materie tra loro completamente diverse, che rischiano di incidere non poco sugli equilibri, già fragili, del nostro Paese.

A fare, nel primo caso, la parte dell’oracolo è stato il Plenum dei 15 magistrati della Consulta che, dopo un giorno e mezzo di camera di consiglio, hanno decretato che i due quesiti referendari – con i quali si puntava ad abolire il cosiddetto Porcellum, l’attuale legge elettorale che prevede la cooptazione e non l’elezione dei nostri parlamentari – sottoscritti in un tempo record da oltre un milione e duecento mila cittadini, non erano ammissibili. Questo il dispositivo pronunciato oggi. La sentenza sarà diffusa tra qualche settimana. Quello che oggi conta è che il Referendum non ci sarà. Immediate le repliche di tutti i protagonisti del Palazzo, i cui pronunciamenti sembrano essere dettati più dalla propaganda che dall’oggettività. Non significa questo che sia contento dell’esito, anzi.

Il commento più violento è giunto da Di Pietro che ha accusato i suoi ex colleghi magistrati di aver emesso un verdetto politico, con l’inammissibilità che sarebbe stata “suggerita” dal Presidente Napolitano. Trovo odiosissime e fastidiose le parole del leader dell’Idv, in pieno stile berlusconiano, perchè non si possono attaccare i magistrati o difenderli sulla base di quello che dicono e fanno, a giorni alterni in base alla convenienze. Si minano in questa maniera le Istituzioni, quelle che si dice di voler difendere con la propria azione politica. Ma le Istituzioni bisogna difenderle tutti i giorni, a prescindere da chi sono i protagonisti della Politica. Nè possono essere issate sull’altare della più squallida demagogia politica enfatizzata per miserabili ragioni elettorali.

Ma la notizia che ha generato, da quel che è stato possibile verificare monitorando i social network – ormai sempre più termomento dei cittadini che credono nel valore della partecipazione e dell’impegno attivo – un fortissimo malumore e disgusto verso la trasversale oligarchia che troneggia dal Parlamento, è quella relativa all’autorizzazione a procedere nei confronti del deputato campano Nicola Cosentino, indagato per concorso esterno in associazione camorristica. Nick ‘O Americano, infatti, con 309 voti a favore – decisivi i leghisti e i radicali – è stato “salvato” dal carcere. Quando in Commissione l’esito della votazione fu opposto. Senza entrare nel merito delle vicende per le quali il prossimo ex Coordinatore regionale del Pdl della Campania (ex perchè pare abbia annunciato le dimissioni da questo incarico) ha rischiato di raggiungere, idealmente, Totò Cuffaro – vicende che sono state ampiamente raccontate in questo blog nel tempo – le riflessioni politiche da fare sono diverse.

La prima: Bobo Maroni che puntava alla leadership della Lega, fortificato da un consenso territoriale sempre più ampio, ha scommesso molto sull’esito favorevole della votazione di oggi – sebbene la Lega fino a 2 mesi e mezzo fa era con il Pdl al governo del Paese – con l’intento di emanciparsi definitivamente dal ruolo di delfino di Bossi e di rilanciare elettoralmente il partito. Ma ha perso. Ha perso rovinosamente. Ne esce profondamente ridimensionato. Con la base leghista che potrebbe, conseguentemente, chiedere allo stesso Maroni di fare un passo indietro. Come rabbiosa è stata la reazione, soprattutto da parte dei potenziali elettori di centrosinistra, verso i Radicali, colpevoli anche loro di aver votato la “fiducia” a colui che è ritenuto dalla pubblica accusa il “referente nazionale dei casalesi”, contribuendo, pertanto, all’alienazione dell’idea che la legge debba essere uguale per tutti. A dire il vero, però, non sono pochi coloro che, già da tempo e a prescindere dalla giornata di oggi, ritengono che questa classe dirigente non faccia pienamente e fino in fondo il suo dovere, lavorare per il benessere collettivo, privilegiando esclusivamente se stessi.

Potrebbe essere, infine, per gli osservatori più distratti una grossa sorpresa, ma scopriremmo, invece, analizzando lucidamente le questioni, che il grande protagonista di oggi, colui che può cantar vittoria, è stato Berlusconi. Si, proprio Silvio. Di nuovo.

Lui, in fondo, non se ne è mai andato..

P.s.: Alessandro Gilioli proprio sull’eufemistico “pressing” di Silvio..

Scurdammoce ‘o passat? Non si può

Per colui che è ritenuto «il referente nazionale» delle cosche casalesi non è proprio un bel periodo. Anche se questo periodo, in effetti, dura da molto. Perché di “Nicola ‘O Americano”, in Campania, se ne parla da tempo, con lui che, probabilmente, avrebbe voluto far calare il silenzio. Invece a calare, definitivamente, sarà – a meno di colpi di teatro oggi inattesi – la sua stella. Spenta, tuttavia, da tempo.

La sua Campania, infatti, politicamente parlando, e considerata anche l’inconsistenza (o se preferite il poco ascendente sull’imperituro B., vero “proprietario della politica” del centrodestra), da parte dell’attuale Governatore Stefano Caldoro, sembra destinata a diventare una colonia dell’ex ministra Carfagna, fortificata dal boom di preferenze personali ottenute alle ultime Regionali. Non è finita qui. Perché nei giorni terribilissimi per il nostro Paese nel corso dei quali si consumava la candela berlusconiana (e il suo cerone), accadeva che le Forze dell’Ordine arrestavano, dopo tantissimi anni di latitanza, il superboss della camorra Michele Zagaria che, idealmente, raggiungeva l’altro superboss Antonio Iovine, già arrestato nei mesi precedenti. Come a voler dire, forse, che la stagione dei casalesi – o di questi casalesi, in attesa di altri? – è da ritenersi conclusa. E con essa, pertanto, devono decadere anche i lacci e i lacciuoli ben stretti da tempo con il potere politico, le cui commistioni e clientelistiche relazioni hanno avvelenato la morale pubblica e condannato l’etica individuale a piegarsi al demone del più forte e non del più onesto.
Ma la vera imboscata, per il politico “alienatosi nell’illegalità”, non è giunta da magistrati facinorosi che hanno deciso di sfregiarne chirurgicamente l’identità, ma dai “marziani della padania” con cui fino a un mese e mezzo fa spartiva prebende e privilegi, condividendo linee politiche e strategie da adottare. 
La riflessione da fare oggi, pertanto, non è se sia giusto o meno che “il nostro” vada in galera (in nome di quale diritto o legge divina noi ci eleviamo a giudici per condannarlo quasi asetticamente e aprioristicamente?), ma quanto basso sia oggi il livello della politica italiana che consente ad un manipolo di incoerenti e di ipocriti, di bifolchi e di ignoranti che hanno strappato la Costituzione con la violenza e l’arroganza dei loro atteggiamenti e parole, di mercanteggiare – per del mero propagandismo politico – la coscienza individuale e colletiva.
E su questo, seriamente, dovremmo confrontarci tutti. Contribuendo a ricostruire una politica alta e altra.
 

Con il Governo Berlusconi, la spesa pubblica è alle stelle..

Nel mese di luglio 2009 si è registrato un fabbisogno del settore statale pari, in via provvisoria, a circa 4 miliardi, rispetto a un saldo positivo di 1.67 miliardi realizzato nel mese di luglio del 2008. Lo comunica il Tesoro, aggiungendo che nei primi sette mesi del 2009 si è registrato complessivamente un fabbisogno di circa 53,6 miliardi, superiore di circa 31,3 miliardi a quello dell’analogo periodo 2008 pari a 22,3 miliardi. (Sole24Ore)

Possibile questo inaudito sperpero di risorse pubbliche? Si, lo Stato italiano durante questi primi 16 mesi di Governo Berlusconi ha dilapidato circa 31,3 miliardi di euro in più rispetto al precedente esecutivo.

Dove sta “l’ipod nano” Renato Brunetta? Quell’essere viscido come un serpente che per mesi e mesi ci ha ammorbato con la sua “rivoluzione totale”? Colui il quale voleva restaurare “la sobrietà nelle istituzioni” a cominciare dai comportamenti degli stessi amministratori della “cosa pubblica”? Il gladiatore sempre pronto a scontrarsi contro i fannulloni delle Pubbliche Amministrazioni issati a responsabili letali del declino del nostro Paese ammutolendosi quando ci sarebbe stato qualcosa da dire ai suoi colleghi berluscones assenteisti per professione in Parlamento (tranne quando c’erano e ci sono da votare le leggi ad personam del sultano-gigolò o quando bisogna saccheggiare le casse dello Stato con i loro smisurati stipendi)?

Il pluriprescritto Premier sa che per vincere bisogna spendere. Governa da un anno, e da un anno la spesa pubblica “corrente”, cioè quella che l’Italia sostiene mettendo nelle tasche dei tanti statali soldi pubblici, è cresciuta esponenzialmente.

Solo per il fatto che si tratta di spesa “corrente” dovremmo irritarci non poco. Questo perché sono soldi che alleviano il presente ma non costruiscono il futuro. Sul futuro infatti si delineano tetri scenari e per niente rosee aspettative. Non sono soldi per fare ponti, strade, né per dinnescare il virus della disoccupazione o per favorire migliori processi di integrazione tra cittadini di diversa etnia. No, è cash che esce dal portafoglio pubblico ed entra in portafogli privati. Un investimento volto non solo ad incentivare la perdurante e cronica campagna elettorale nella quale si sta sfibrando il Paese, favorendo i lobbisti o i disperati che si vendono il voto, ma anche a regalare edonistiche appagazioni e inattese felicitazioni alla criminalità organizzata, nota alleata di questo esecutivo (infatti non dobbiamo dimenticare il caso del Sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino “postino” dei Casalesi, il caso del Presidente del Senato Renato Schifani che era in affari con il boss di Cosa Nostra Nino Mandalà nel comune di Villabate, il caso di Marcello Dell’Utri condannato in primo grado a nove anni per associazione mafiosa e per alcuni non fittiziamente coinvolto nelle vicende delle stragi di stato del ’92 quando morirono Falcone e Borsellino, ecc..).

Celebrando il detto: Un politico pensa alle prossime elezioni, un uomo di stato alle prossime generazioni capiamo subito sotto quale dei due profili schedare il pluriprescritto e pluriputtaniere “Al Tappone”.

Quattro dei ventuno miliardi di spesa aggiuntiva hanno avuto la forma di stipendi: più stipendi pubblici aumentati. Da 171 a 175 miliardi la spesa per le remunerazioni tra il 2008 e il 2009. Scontiamone due per dinamica inflattiva, ne restano tre proprio di maggior spesa. Berlusconi e il suo governo dunque per gli stipendi pubblici hanno speso di più di prima.

Altri cinque dei ventuno sono di maggior spesa per “consumi intermedi”, cioè quello che viene speso per far funzionare l’architettura burocratica ed istituzionale. Sono soldi che vanno ai fornitori, alle aziende, ai professionisti. Da 128 a 133 miliardi tra il 2008 e il 2009. Nonostante i lamentati, programmati e annunciati tagli, tre miliardi al netto dell’inflazione spesi in più dalla mano pubblica per pagare aziende e imprese.

Nove miliardi in più di spesa per le pensioni: da 223 a 232. Diciamo che qui il governo non c’entra: aumentano i pensionati e aumenta la spesa. Ma il governo c’entra eccome nei quattro più quattro miliardi in più di spesa per “altre prestazioni sociali” (da 54 a 58) e per “altre spese correnti” (da 57 a 61). Rileggiamo: quattro, più cinque, più nove, più quattro, più quattro fa 26 miliardi di spesa aggiuntiva. E allora perché 21? Perché cinque miliardi il governo li ha guadagnati spendendo di meno per pagare gli interessi sul debito (effetto calo dei tassi). Somma e sottrai, fanno appunto 21 miliardi immessi nelle tasche degli italiani.

Quali italiani e soprattutto come? A Palermo quasi 230 milioni di euro per pagare i debiti e gli stipendi della municipalizzata che male pulisce la città ma molta gente impiega e remunera. A Catania 150 milioni per mantenere in piedi la rete di assunzioni e iniziative che avevano portato il Comune alla bancarotta. A Roma 500 milioni per pagare, tra l’altro, l’inefficiente sistema di trasporti urbano. E 14 milioni a Parma per l’Autorità europea della sicurezza alimentare e 12 milioni per la società di navigazione dei laghi Como, maggiore e Garda. E 49 milioni per la Tirrenia che è l’Alitalia del mare, anzi peggio. Sono solo esempi, maglie di una rete che avvolge tutta la penisola. Una rete di spesa che tiene in piedi molte cose: aziende, stipendi, consulenze, consenso e governo.

(Fonte)