#listacivicachepassione: verso le Politiche/1

L'Italia Giusta di Bersani

Il Presidente del Consiglio, il sedicente “tecnico” Mario Monti, dopo aver indugiato e tentennato settimane, ha sciolto le riserve: ha deciso “di salire” in campo e proseguire la sua esperienza politica. Candidandosi a fare ancora il Premier, ma non direttamente e in prima persona essendo senatore a vita. Sostenuto da Fini, Casini, Montezemolo, Riccardi, Passera, da ex democratici, ex democristiani, ex pidiellini, ex di qualsiasi cosa come Mastella, oggi ha presentato il logo della sua Lista dopo aver reso pubblica la sua Agenda. Leggendola, emergono alcune certezze, ma anche alcuni dubbi: se il reddito minimo garantito sembra cosa buona e giusta come la prosecuzione del contrasto all’evasione fiscale o l’implementazione di un’agenda digitale che riduca il gap del nostro Paese rispetto agli altri europei con cui si dice di volerci federare in un’Unione stile quella americana; la totale assenza dei diritti sociali e civili, la possibilità che il nostro Paese sia investito da una profonda e strutturale conversione ecologica del modello economico ed industriale, la tutela e la valorizzazione del paesaggio, lascia alquanto preoccupati. Inoltre, a lasciare perplessi, non è solo la confusione generata dalle diverse sensibilità (lo so che è bizzarro, ma c’è anche Alemanno) pronte a sostenere questo “Grande Centro”, ma pure la dialettica utilizzata. Monti in questo anno ha fatto politica, con i partiti, e uno dei suoi principali sostenitori è lo stakanovista della politica Pierferdinando Casini; eppure parla, moltissimo, di civismo e di società civile. Ecco, non mi sembra coerente. Il civismo per me è un’altra cosa. E la società civilissima merita di essere rispettata per davvero. Non presa in giro in questo modo subdolo. Da parte di chi, in possesso certamente di una notevole cultura accademica, testimonia poi un’ arrogante insofferenza verso quelli che sono percepiti come nemici alla sua visione. Se queste sono le premesse, per Monti la strada non può che essere tutta in salita.

L’altra grande novità di queste settimane è la Lista “Rivoluzione Civile” (ecco il logo) di Antonio Ingroia. Sulla candidatura dell’ex Procuratore Aggiunto della Repubblica di Palermo, responsabile delle più delicate inchieste di mafia degli ultimi anni e uno dei principali bersagli della stampa berlusconiana, moltissimo si è discusso nelle ultime settimane, con una netta distinzione tra quanti sostengono entusiasticamente l’iniziativa (Benny Calasanzio) e quanti, non mettendo in discussione il valore dell’uomo e del magistrato, sono rimasti turbati da questa scelta (Peter Gomez e Nando Dalla Chiesa), proprio per un fatto di opportunità. Personalmente non ho condiviso questa scelta per alcune ragioni di principio per me fondamentali. Eccole: 1) l’idea che solo il magistrato possa bonificare la contaminata politica italiana la trovo aberrante, e dopo le esperienze di Di Pietro, Emiliano, De Magistris, Carofiglio (giusto per citare quelli schierati con il centrosinistra) credo sia legittimo desiderare qualcosa di diverso; 2) il sospetto sacrosanto che le inchieste siano state impiegate per accrescere la propria visibilità e la propria accountability presso quella parte di opinione pubblica particolarmente sensibile sui temi della legalità e della giustizia non sparirà presto e facilmente; 3) il non dimettersi dalla magistratura quando si decide di intraprendere questo nuovo percorso senza far passare poi del tempo tra le due attività, senza prestare cosi il fianco ad alcuna strumentalizzazione, è ancora una scelta poco condivisibile; 4) come pure quella di farsi sostenere dai leader politici che in questa immorale Seconda Repubblica hanno fatto solo disastri vivendo esclusivamente della propria iconografia, del proprio divismo, del proprio individualismo politico. Ma, nonostante questi dubbi, si cercherà di valutare il movimento di Ingroia sulla base della sua proposta politica e della capacità di innovare il sistema, pure con metodi e approcci diversi.

E parliamo, infine, del Partito Democratico. Dopo le primarie per la scelta del candidato premier, il 29 e il 30 dicembre scorso, in una data assai infelice, sono stati scelti i parlamentari. Era una delle battaglie politiche di Pippo Civati e di Prossima Italia. In pochissimi lo hanno riconosciuto e lo hanno ringraziato per questo. Per quanto non siano state perfette e la competizione non è sembrata proprio totalmente contendibile e aperta a tutti come non pochi avrebbero desiderato (in quest’ottica si leggono le candidature della siciliana Finocchiaro a Taranto e della toscana Bindi a Reggio Calabria, giusto per fare due esempi), bisogna anche ammettere che senza questa possibilità una candidatura come quella di Liliana Ventricelli non ci sarebbe stata. Invece non solo c’è stata. Ma è stato anche un trionfo. Come vincente è stata la campagna di Antonio Decaro, colui che più di altri ha testimoniato in Puglia i valori e le buone pratiche di Prossima Italia, con la sua sapienza sulla mobilità sostenibile, fronteggiando suo malgrado i colpi bassi del Sindaco Emiliano che ha candidato suo fratello Alessandro, non proprio uno statista e un politico raffinato. Ma il Pd, in queste ultime ore, e dopo aver “ingaggiato” anche lui il suo magistrato (il Procuratore Grasso), è impegnato nella scelta dei profili di alto livello che andranno ad occupare i posti nei listini bloccati. In Puglia come in tutto il Paese. E dalla scelta di queste figure si capirà se e quanto questo Paese sarà in grado di risollevarsi, uscendo a testa alta dalla palude della crisi e riconsegnando una speranza di futuro ai propri cittadini. Speriamo bene. Ma teniamo tutti alta l’attenzione e la concentrazione. Perché non possiamo più sbagliare.

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